Job Digital Lab con ING Italia: Curzio Basso racconta il contributo dell'AI per la sostenibilità
"In Camelot sfruttiamo l’AI per analizzare i dati, con l’obiettivo di prevedere i consumi elettrici, per poi pianificare meglio. Noi siamo un’azienda che sviluppa strumenti per fare delle cose: non ci interessa lo sviluppo della tecnologia fine a sé stesso". Curzio Basso, co-fondcatore e chief technology officer di Camelot Biomedical Systems, ha raccontato la sua storia durante di Genova.
Con l'aiuto di Nicoletta Vulpetti, appassionata di racconti d'identità, arricchiamo anche la terza edizione del programma formativo Job Digital Lab, ideato con ING Italia, con le storie delle persone protagoniste di un cambiamento, personale e di comunità.
Quando abbiamo aperto Camelot, lo abbiamo fatto nell’annus horribilis 2009.
Era esplosa la bolla, la crisi economica dilagava in Europa e con il mio socio decidiamo di scommettere sulle nostre competenze.
Non è stato semplice iniziare quando intorno molti chiudevano, ma quel periodo ci ha temprato.
Un po’ con lo spirito d’avventura post dottorato, un po’ con la consapevolezza che la strada da seguire fosse quella di investire su di noi e poi sui nostri collaboratori, non abbiamo mollato.
Una delle nostre linee di attività è utilizzare l’intelligenza artificiale nell’ambito della sostenibilità.
Quando parliamo di sostenibilità, parliamo di energia: ottimizzarne l’uso è una componente della mitigazione climatica.
In Camelot sfruttiamo l’AI per analizzare i dati, con l’obiettivo di prevedere i consumi elettrici, per poi pianificare meglio.
Noi siamo un’azienda che sviluppa strumenti per fare delle cose: non ci interessa lo sviluppo della tecnologia fine a sé stesso.
La domanda che ci poniamo sempre è: perché lo sto facendo?
Per come siamo fatti, noi esseri umani vogliamo scoprire tutto, capire come funziona il mondo.
È questa spinta a esplorare l’ignoto che spesso ci ha consegnato avanzamenti tecnologici, a cui dobbiamo progressi in tutti gli ambiti della scienza.
Lo sviluppo tecnologico va di pari passo con le domande che ci poniamo: il fine deve essere sempre funzionale all’uomo e all’ambiente.
La diffidenza che ancora adesso circonda l’AI ha a che fare anche con la paura che l’intelligenza artificiale possa sostituire l’umano. Questo rischio mi sembra davvero esagerato: può essere complementare, ma non rimpiazzare il nostro cervello, una macchina meravigliosa il cui sviluppo ha richiesto milioni di anni.
E sarà il nostro cervello a salvarci: la soluzione c’è e prima o poi l’uomo la troverà.