Job Digital Lab con ING Italia: Silvia Colombo racconta come è nato il progetto
Se uno dei maggiori gruppi finanziari al mondo decide di investire in un'economia inclusiva, a chi si affida? È possibile creare valore come banca, come datore di lavoro e nella società?
"Il gruppo ci ha chiesto di rimuovere le barriere per chi vuole entrare nel mondo del lavoro, attraverso lo sviluppo di competenze digitali più forti e solide. E noi di ING di digitale ce ne intendiamo", racconta Silvia Colombo, responsabile della comunicazione esterna, public affairs e CSR di ING Italia. È grazie alla sua energia e alla sua determinazione che è nato il progetto Job Digital Lab. La formazione che ti rimette in gioco, ora alla sua seconda edizione.
Con l'aiuto di Nicoletta Vulpetti, appassionata di racconti d'identità, arricchiamo la seconda edizione del programma formativo, ideato con ING Italia, con le storie delle persone protagoniste di un cambiamento, personale e di comunità.
Sono una persona che quando intravede la possibilità di una sfida, la coglie.
L’anno scorso il gruppo ne lancia una: creare un’economia più inclusiva entro il 2025.
È così che nasce Job Digital Lab: ho capito che potevamo fare qualcosa nelle comunità a livello locale, attraverso quello che sapevamo fare meglio, essere digitali.
Ho raccolto la sfida e ora siamo al secondo anno.
Il gruppo ci ha chiesto di rimuovere le barriere per chi vuole entrare nel mondo del lavoro, attraverso lo sviluppo di competenze digitali più forti e solide.
E noi di ING di digitale ce ne intendiamo.
Quando siamo nati, nel 2001, le banche online pure - si chiamavano così allora – non esistevano. Un progetto che mi ha affascinato da subito.
Ricordo ancora il giorno del colloquio in ING, tanti anni fa.
Lavoravo in un grande gruppo editoriale: avevamo appena inaugurato la sede disegnata da Renzo Piano.
Rispondo a un annuncio e con la mia Polo nera e Tuttocittà, mi reco in via Attendolo (Milano Sud) per il colloquio: non c’era nulla, solo sedi di nuove aziende in una landa semi-desolata, in cui mi aggiravo per trovare l’edificio giusto.
Mentre mi faccio largo tra gli scatoloni della recente start-up, mi dico “figurati se vengo a lavorare qui”. Quando esco, la decisione è presa: voglio far parte di questo progetto.
In quel posto si stava creando qualcosa di nuovo, con un’energia e un entusiasmo che avrebbe cambiato il settore, e io volevo stare lì dove si costruiva futuro del banking.
Il digitale ha agito anche su altri aspetti della mia vita, non solo il lavoro: per me, che abito a una trentina di chilometri da Milano, poter ricorrere a una modalità di lavoro ibrida, per esempio, è fondamentale per coniugare vita privata e professionale. In azienda lo chiamiamo modello super flessibile. È il singolo che decide, quando e come lavorare da casa o se andare in sede per incontrare il gruppo di lavoro.
Qual è il mio perché per “allacciarmi le scarpe” ogni mattina? Dare sempre il mio meglio ogni singola giornata.
È anche per questo che lo scorso anno, mentre eravamo in lockdown e le possibilità di distrazione erano molte meno, ho deciso di tornare a studiare: mi sono iscritta ai corsi singoli dell’Università Statale. Ho iniziato con filosofia della scienza, quest’anno ho proseguito con filosofia morale. Ancora una volta gli strumenti digitali mi hanno semplificato la vita e aperto porte nuove: non avrei potuto seguire i corsi se non ci fosse stata la DAD e le lezioni registrate disponibili in ogni momento.
Mi sta piacendo questa nuova avventura: apre la mente e fa riflettere su dinamiche che nella frenesia quotidiana non hanno più spazio... quasi fossero pensieri di altri tempi. Invece sono molto attuali e hanno più legami con il mondo di oggi di quando non si pensi. Aiutano a guardare oltre all’apparenza e a vedere gli elementi strutturali.