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L'opera d'arte del lavoro

Le storie di Job Digital Lab: Omar Casati

L'opera d'arte del lavoro

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Job Digital Lab con ING Italia: la storia di Omar Casati, tecnologo e psicologo

Come si diventa leader in azienda? Come si impara a organizzare le persone, a gestire i processi e a risolvere problemi?

Omar Casati è Test Chapter Lead & IT Area Lead di ING Italia. Ha partecipato a più sessioni formative di Job Digital Lab, mettendo a disposizione dei partecipanti le sue conoscenze e la sua esperienza professionale.

Con l'aiuto di Nicoletta Vulpetti, appassionata di racconti d'identità, arricchiamo la seconda edizione del programma formativo, ideato con ING Italia, con le storie delle persone protagoniste di un cambiamento, personale e di comunità.

 

La mia vita è divisa in due metà: prima e dopo i 40 anni.

Nei primi 40 ci sono stati la laurea in informatica, più per pragmatismo che per passione; i tanti lavori per mantenermi agli studi, dall’assicuratore al garzone di macelleria; l’ingresso in Siemens, dove sono rimasto dal 1993 al ’97; gli anni di consulenza in cui ho approfondito la conoscenza delle telecomunicazioni, fino a quando, rispondendo a un annuncio sul giornale, entro in ING.

Tutto ciò questo fa parte dei miei primi 40 anni. Questo è il mio diciassettesimo anno in ING.

Dopo un inizio non facile, anno dopo anno, abbiamo costruito un team da zero: lo abbiamo fatto crescere, evolvere, fino ad ottenere un solido riconoscimento.

Poi sono venuti gli anni del dopo, quelli della rivalsa e dell’esplorazione di me stesso.

Ai tempi corricchiavo, niente di serio, anche perché ho sempre avuto problemi di peso. Un giorno mi sono detto: siamo a gennaio, a novembre mi iscrivo alla maratona di New York. Mi sono preparato: alimentazione, programmi di corsa, e a novembre ero nella Grande Mela.

A quella maratona ne sono seguite altre 24, insieme a 3 ultramaratone da 100 chilometri, fin quando il mio ginocchio ha detto basta.

Per continuare a fare sport ho dovuto gestire – non senza fatica – un nuovo cambiamento, imparando a nuotare da zero, col pensiero che prima o poi mi cimenterò ad esempio nella traversata del lago di Como.

Ma la cosa di cui vado più fiero è stata riprendermi la passione che avevo dovuto accantonare, ovvero la psicologia.

Nel 2013 mi iscrivo a un master di analisi transazionale, una branca della psicoterapia che lavora sulle comunicazioni tra i singoli, nei gruppi e nelle aziende: volevo migliorare le mie capacità relazionali nel gestire le persone al lavoro.

Lezioni per tanti sabati e domeniche in tre anni. Il giorno della proclamazione, a 50 anni compiuti, è stato per me una gioia immensa.

Della laurea in informatica non ho nemmeno una foto: non me ne importava nulla. Del master invece ero felicissimo: sono venuti a vedermi mia moglie, i miei figli, mia mamma. Sono uno a cui piace esplorarsi, conoscersi tra le pieghe di un’identità che non si esprime in un’unica direzione.

Pur essendo nato come tecnologo, mi interessano soprattutto le persone, le loro motivazioni, il loro perché, piuttosto che il cosa e il come.

Per anni ho lavorato con una collega con diversi anni di esperienza più di me, che mi ha lasciato un insegnamento profondo: i problemi tecnici si risolvono tutti, quelli umani molto meno. Occorre prendersi cura della storia di cui ciascuno è portatore e dell’unicità di ciascuno, anche sul luogo di lavoro.

Ai miei collaboratori dico spesso “chiediti qual è il tuo grande obiettivo”.

Il mio, in questi secondi 40 anni, l’ho messo a fuoco: fare in modo che il mondo diventi un’opera d’arte.

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