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Noi siamo quelli del fare

Le storie di Job Digital Lab
Fondazione Mondo Digitale

Noi siamo quelli del fare

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Job Digital Lab con ING Italia: la storia di Arianna che ha imparato a urlare i sogni

"Ho 25 anni e la mia generazione sta capendo che solo con le parole si fa poco: noi siamo quelli del fare".

Arianna Palazzini, giovanissima imprenditrice di Arezzo, ha partecipato all’evento di Job Digital Lab realizzato in collaborazione con la Camera di Commercio Arezzo Siena, per testimoniare con la sua storia che gli strumenti digitali possono aiutare anche a tutelare la tradizione [vedi la notizia Job Digital Lab ad Arezzo].

Con l'aiuto di Nicoletta Vulpetti, appassionata di racconti d'identità, arricchiamo la seconda edizione del programma formativo, ideato con ING Italia, con le storie delle persone protagoniste di un cambiamento, personale e di comunità.

 

Io sono stata cresciuta a pane e nonna.

Da piccola passavo giornate intere tra i suoi olivi, per me sono famiglia.

Quando una sera nonna Rita ci ha detto che pensava di vendere i 1.300 alberi perché non ce la faceva più a sostenerne i costi, io ho mi sono detta no, non può essere.

Così, in piena pandemia, ho pensato come poter contribuire a salvare l’oliveto, partendo dalla mia competenza di digital marketing.

L’idea è venuta a mio padre Massimo: diamo agli olivi un nome, un carattere, una personalità. E poi diamoli in adozione: un olivo è una pianta sacra con una storia millenaria, è un’opera d’arte della natura, che, a differenza di quelle chiuse nelle teche dei musei, puoi toccare, odorare, sentirne la forza vitale.

Così è nato AdottaSi: un progetto di adozione digitale di un olivo come opera d’arte a cielo aperto, con l’obiettivo di sostenere il lavoro di un agricoltore che quasi mai va in pareggio, ma sempre in rimessa.

Abbiamo definito tutto: con una quota annuale, ricevi il certificato di adozione, la targa con il nome dell’albero e l’agricoltore ne diventa il custode. Inviamo poi una newsletter periodica con le informazioni sulla cura dell’olivo. Puoi anche venirlo a trovare, visitare il frantoio e partecipare a ottobre alla raccolta delle olive. Subito dopo, inviamo a casa tre bottiglie d’olio, il pane toscano già bruschettato e l’aglio, proprio come si usa da noi.

Man mano che davamo forma al progetto, abbiamo capito che si poteva fare di più: perché non farlo diventare un’esperienza e attivare collaborazioni con le strutture ricettive locali per chi veniva a conoscere la propria pianta? E ancora: perché non uscire dai confini del paese e renderlo internazionale?

Noi siamo persone normalissime, eppure ce l’abbiamo fatta.

All’inizio non volevamo esporci sui social, volevamo rimanere dietro gli alberi. Ma poi, quando abbiamo iniziato a metterci la faccia, il coinvolgimento delle persone al di là dello schermo è aumentato tantissimo. La chiave credo che sia la passione che esce fuori da quello che diciamo, da come le nostre mani accarezzano le piante.

Io penso che tutti noi abbiamo l’obbligo di mantenere bene la terra.

Ho 25 anni e la mia generazione sta capendo che solo con le parole ci si fa poco: noi siamo quelli del fare.

Se c’è una cosa che vorrei insegnare ai miei fratelli è quella di urlare i propri sogni: se li tieni per te, rimangono nel cassetto. Ma se invece condividi quello che vuoi dalla vita, qualcuno ti ascolterà e ti aiuterà a realizzarlo”.

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