Un’avventura didattica immersiva nella chimica tra scuola e università a Palermo
Nel corso dell’anno scolastico che si è appena concluso tre classi del liceo Felicia e Peppino Impastato di Partinico, in provincia di Palermo, hanno avviato una sperimentazione didattica in uno spazio virtuale appositamente costruito sulla piattaforma Spatial.io, sotto la guida dei docenti del Dipartimento di Scienze e Tecnologie biologiche chimiche e farmaceutiche dell'Università degli Studi di Palermo. Nel metaverso gli studenti hanno manipolato le accurate rappresentazioni digitali di diverse molecole, quali insulina, glucosio, mioglobina, emoglobina, etanolo e mannosio. E poi hanno partecipato a un hackathon per sviluppare in modo collaborativo soluzioni progettuali in risposta alla sfida del cambiamento climatico: ad esempio, con un’efficace rappresentazione in 3D dell’acido bietico hanno mostrato un’interessante applicazione della molecola per il packaging del futuro a basso impatto ambientale [vedi la notizia Cinque sfide per il clima].
La piattaforma Spatial.io, con capacità avanzate di realtà virtuale (VR) e aumentata (AR), ha consentito agli studenti di condividere, interagire e collaborare in spazi virtuali tridimensionali. Coordinate dalla loro docente Rosanna Amato, i giovani ricercatori hanno intrapreso un originale viaggio nello spazio virtuale guidati dai professori Antonella Maggio e Renato Lombardo del Dipartimento di Chimica di Unipa. Il viaggio scientifico ha conquistato tutti. Dopo una introduzione sull’importanza dei modelli per la rappresentazione semplificata della realtà, in particolare per il mondo microscopico della chimica, studentesse e studenti hanno manipolato nel metaverso le accurate rappresentazioni digitali di diverse molecole.
Ma come si arriva a realizzare un’esperienza didattica così complessa e a trasformarla anche in un avvincente hackathon? Ci aiuta a capire questo affascinante percorso Antonella Maria Maggio, professoressa associata e mentore per la didattica nel Dipartimento di Chimica dell’Università di Palermo. Abbiamo fatto un'interessante conversazione a distanza, in cui ci ha svelato anche le difficoltà incontrate e le soddisfazioni non previste. Tutta l'impresa è nata da una chiacchierata informale tra Delia Chillura e Salvatore Micciché, entrambi professori ordinari del Dipartimento, e Cecilia Stajano, responsabile del programma Coding Girls sul territorio nazionale, che ha lanciato la sua sfida: come declinare il programma formativo in modo originale sul territorio di Palermo? E se Meta donasse alcuni visori Quest 2 come li usereste?
“Con il professore Renato Lombardo siamo partiti dall’idea di far comprendere le potenzialità e i limiti dell’uso dei modelli con i quali rappresentiamo le molecole. Anche chi ha poche conoscenze di chimica sa che una molecola può essere rappresentata semplicemente indicando il tipo e il numero di atomi, per esempio scrivo H2O per indicare che l’acqua ha due atomi di idrogeno e uno di ossigeno. Ma la stessa molecola di acqua la posso rappresentare con modelli tridimensionali, sfere che rappresentano gli atomi e segmenti che rappresentano i legami. Questa modalità aggiunge informazioni in quanto mi può dar conto di come sono disposti gli atomi l’uno rispetto all’altro nello spazio, e quindi dare conto di alcune delle proprietà di questa molecola. E via via attraverso diversi livelli si arriva alla rappresentazione cartoon delle molecole più complesse, quali gli zuccheri e le proteine, molto utile in biologia e nelle scienze della vita in cui si perde il dettaglio della composizione atomica per avere una visione tridimensionale d’insieme. Per queste molecole è importante la necessità di rappresentare le interazioni fra molecole, a scapito della visione atomica”, ci spiega la prof. Antonella. “Allo stesso tempo, non si deve mai perdere di vista il fatto che ogni rappresentazione è solo un modo alternativo di guardare a un problema e che, a seconda dei casi, possiamo usarne una o l’altra. Abbiamo quindi immaginato un percorso che a partire dalla rappresentazione di molecole piccole arrivasse via via alla rappresentazione di molecole più complesse. Abbiamo anche voluto andare oltre, spingendoci a descrivere anche come la geometria delle molecole possa determinare poi strutture più grandi in cui esse si aggregano, come i cristalli liquidi”.
Per il Dipartimento è stata la prima progettazione di un percorso didattico nella realtà virtuale. “Da tempo avevamo in mente di realizzare qualcosa del genere, anche perché il nostro Ateneo aveva cominciato a incentivare la sperimentazione didattica e a promuovere l’uso di strumenti innovativi. Sia io che Renato avevamo avuto modo di usare i visori e la VR. Ma ciò che si proponeva in ambito chimico erano perlopiù ambienti di laboratorio. Noi volevamo invece cercare di cogliere il valore aggiunto che questi strumenti possono offrire quando ci si muove in contesti più lontani dalla realtà, come può essere il mondo submicroscopico. Abbiamo provato a progettare qualcosa in AR con semplici app di smartphone, ma questa è stata la prima occasione di realizzare qualcosa in VR immersiva con visori dedicati. Per una serie di connessioni fortunate, Salvatore Miccichè un anno fa aveva parlato del progetto Coding Girls con Delia Chillura, con la quale più volte avevamo condiviso queste idee. La progettazione e la realizzazione è stata molto complessa sia per le difficoltà logistiche alcune davvero imprevedibili, ma anche difficoltà di tipo didattico: individuare obiettivi adeguati, attività semplici, ma efficaci, come valutare i risultati”.
Ovviamente l’aspetto più propriamente didattico ci incuriosisce molto, soprattutto capire quanto i risultati abbiamo risposto alle attese e agli obiettivi dichiarati. “Molto onestamente i risultati sono stati davvero per la maggior parte inaspettati”, risponde Antonella. “Non avendo mai progettato nulla in VR, inizialmente ci eravamo posti obiettivi minimi. La maggior parte del tempo è stato speso da Renato nello studiare per scegliere la piattaforma più adatta, nel progettare lo spazio virtuale, nel capire come importare i modelli molecolari, poi il resto è diventato un gioco. Abbiamo capito da subito che poteva essere un’attività didatticamente stimolante perché ne siamo stati catturati noi per primi che l’avevamo progettata. Ricordo ancora l’entusiasmo nel trovarsi a tu per tu con l’emoglobina e percepire la relazione dimensionale fra il gruppo eme e la catena proteica”.
Molte persone sono scettiche sulle potenzialità del metaverso. Come si adatta una tecnologia ancora in sviluppo a una disciplina così particolare come la chimica? “Per la chimica le proposte sono generalmente di attività laboratoriali, che possono essere davvero utili nella fase preparatoria di un’attività di laboratorio reale. Ma il nostro interesse era quello di far vedere l’invisibile”, risponde Antonella. “Le difficoltà non sono state poche. Intanto progettare un percorso didattico, con degli obiettivi chiari e una sequenza di attività coerente con gli obiettivi. Successivamente è stato necessario costruire tutti i pezzi del percorso. Il rischio più grande era che lo strumento in sé diventasse predominante rispetto ai concetti, che è il rischio ricorrente nella didattica quando si usano metodologie innovative. E per la prima parte dell’attività questo aspetto è evidente. Le ragazze e i ragazzi rimangono affascinati dalla possibilità di accedere a un mondo diverso. C’è poi la difficoltà dell’uso dello strumento in sé, che però abbiamo visto è quella che si supera facilmente, dal momento che i comandi dei visori sono davvero user friendly”.
Al momento è un’esperienza sperimentale, a credenziali riservate. Cosa servirebbe per trasformarla in un’esperienza aperta, “chiavi in mano”, da condividere con le scuole? “Non molto credo dal punto di vista della proposta didattica. Probabilmente servirebbe un po’ di formazione per i docenti”.
All’inizio l’idea di realizzare anche un hackathon destava più di qualche perplessità. Ma ecco come è stata risolta: “Questo passaggio non è stato privo di difficoltà. Abbiamo impiegato molto tempo e molte risorse per immaginare una sfida. L’idea era quella di far partecipare gli studenti alla creazione dello spazio virtuale, così come lo avevamo fatto noi e come lo avevano visto. Per questo abbiamo dovuto formarli. Abbiamo poi scelto noi molecole che rientrassero nel tema dell’hackaton, le abbiamo assegnate ai gruppi per sorteggio. A parte le difficoltà logistiche (wifi, organizzazione degli spazi, disponibilità dei computer), tutto si è svolto meglio di come lo avessimo previsto. I gruppi hanno lavorato con passione e tenacia, realizzando lavori davvero sorprendenti per cura e attenzione. La giuria, costituita dalla Coordinatrice del Corso di Laurea in Chimica dell’Università di Palermo, dalla Delegata alla Terza Missione del Dipartimento STEBICEF, il nostro Dipartimento e una dottoranda del Dottorato in Tecnologie e metodi per la formazione universitaria, collegata da Torino, hanno seguito le presentazioni con i visori all’interno della realtà virtuale. È stata anche per loro un’esperienza sorprendente”.
L’atteggiamento con cui gli studenti hanno affrontato il percorso ha sorpreso tutti. “Mi ha colpito il loro entusiasmo e la loro capacità di apprendere e fare. Sono stati in grado in pochissimo tempo, senza aver avuto mai esperienze precedenti, di realizzare uno spazio virtuale interessante e ricco”.
Smaltita la fatica, rimane la soddisfazione e una passione per l’insegnamento che non si appaga mai: “In ambito chimico le possibilità sono davvero tante e l’accesso al mondo microscopico è una potenzialità enorme per l’apprendimento di questa disciplina. Si può giocare a lungo con le molecole”. Per Antonella le potenzialità del metaverso in ambito formativo, educativo e universitario sono sicuramente tante. “Occorre un grande lavoro di progettazione didattica perché si rischia di banalizzare e che lo strumento diventi il metodo, il mezzo diventi il fine”.