Vagone FMD: la sintesi del decimo incontro a Binario F
L’intersezione tra innovazione e arte sta dando vita a nuove forme artistiche e a un diverso modo di fare esperienza delle attività performative. Il metaverso mette a disposizione di artisti, creativi, designer, producer, diversi strumenti per costruire ambienti ed esperienze virtuali immersive, con nuovi linguaggi e modalità di engagement, dando spazio ulteriore all’immaginazione e alla creatività. Queste nuove forme di arte possono creare un coinvolgimento emotivo maggiore raggiungendo pubblici molto diversi. Nel decimo incontro di Vagone FMD. Da 01 a 100 nel Metaverso, che si è svolto mercoledì scorso 15 febbraio presso Binario F, il focus sulla nuova tecnologia applicata alle arti visive e alle performance artistiche. Condividiamo gli spunti emersi nella sintesi di Riccardo Russo.
SESSIONE INTRODUTTIVA
Mirta Michilli, direttrice generale della Fondazione Mondo Digitale. Abbiamo chiamato queste nostre iniziative “Vagone FMD da 01 a 100” perché vogliamo portare tutti qui, vogliamo spiegare le opportunità legate allo sviluppo economico e a internet. Da qualche mese organizziamo questi eventi del mercoledì, che non sono aperti a tutti, ma solo a un pubblico di settore che dimostra grande interesse sui diversi temi che di volta in volta trattiamo. Abbiamo l’obiettivo di informare e incuriosire su come questa nuova tecnologia possa rivoluzionare o innovare l’arte e la cultura. Vogliamo quindi capire se questo nuovo sviluppo tecnologico può essere un’opportunità per questo settore.
Costanza Andreini, Public Policy Manager Italy Meta. Meta ha messo moltissimo impegno e ingenti investimenti economici perché crediamo molto nel Metaverso e crediamo che sia un passo in avanti ulteriore rispetto a internet. È importante ora discutere di quali saranno le sue regole e le opportunità, ma anche di chi ne farà parte. Il metaverso non sarà costituito solo da poche aziende che hanno opportunità di investire, ma dovrà essere aperto a tantissime realtà.
Francesco Dobrovich, direttore creative Videocittà. Questo spazio è completamente immersivo. Attualmente è un mondo un po' macchinoso, ma speriamo che nel futuro diventi più accessibile. Videocittà è una realtà che osserva con molto interesse le novità, lavorando principalmente con l’audiovisivo: crediamo che questa sia la vera chiave del Metaverso. Qualunque tipo di applicazione futura dovrà passare attraverso lo sviluppo visuale di immagini e atmosfere virtuali. Queste esperienze sembrano sempre un oggetto del desiderio: da un lato ci sono tecnologie avanzatissime che stupiscono per il loro design e dall’altro quelle che invece puntano sul contenuto più che sull’estetica. Le tecnologie più artistiche sono quelle più interessanti. Fondamentale sarà lavorare sulle emozioni. È un mondo di opportunità e richiederà un esercizio multidisciplinare, incrociando competenze diverse e progettualità cross-mediali.
Massimo Canducci, Chief Innovation Officer Engineering. Il concetto di metaverso è ancora etereo, nonostante il fatto che ci siano delle definizioni abbastanza consolidate. Molti credono che il metaverso non si realizzerà mai, dall’altro lato c’è invece chi ha paura che ci scollegheremo dalla realtà fisica per migrare in una dimensione completamente virtuale. Oggi il metaverso non esiste ancora perché mancano le tecnologie, non quelle di base, ma l’evoluzione di quelle. Abbiamo a oggi tantissime sperimentazioni e applicazioni che fanno fatica a coordinarsi tra loro ed essere interoperabili, ma soprattutto c’è ancora molta fatica nell’interazione tra esseri umani e macchine. Mettendo i Meta Quest vi renderete conto che perderete il contatto con la realtà fisica: ci sono delle limitazioni, è un tipo di fruizione completamente diverso a quello a cui siamo abituati. Un tema fondamentale è quello del rispetto degli utenti: oggi siamo circondati da applicazioni che pongono problemi di etica; spesso alcune sono realizzate con obiettivo di stimolare l’assuefazione, sarà ancora più delicato quando non saranno più solo disponibili sullo smartphone.
Valentino Catricalà, curatore Modal Gallery alla Soda di Manchester, docente Iulm di Milano. C’è ancora tanta confusione sul tema, quindi è fondamentale fare ordine su queste nuove tecnologie. Il termine che usiamo è perentorio, metaverso, ma non è nulla di nuovo se consideriamo il punto di vista teorico-concettuale. L’artista non è solo colui che rappresenta una determinata situazione culturale; gli artisti hanno abitato questo mondo prima di altri, ma soprattutto hanno cercato di abitarlo con le loro idee e le loro peculiarità. Il metaverso è stato immediatamente trattato come una questione di marketing e di mercato, che ha anche lasciato poco spazio alla creatività. Non è infatti un caso che sia esploso proprio durante la pandemia: ora sarà interessante vedere quali saranno gli sviluppi. L’obiettivo che si dà un artista è quello di creare nuove comunità di interazione, che non annullino ovviamente le questioni di mercato, ma che le portino su un piano di contenuti più profondo.
Chiara Passa, artista visiva. Lavoro con queste tecniche e dispositivi sin dagli anni ’90. Lavoro con le realtà immersive per comprenderne l’intrinseco linguaggio, creando spazi virtuali che si vanno a intersecare con lo spazio reale, per mettere in discussione l’idea stessa di realtà. Creo luoghi dinamici e virtuali che portano lo spettatore a confrontarsi con nuovi spazi e con nuove identità. Se devo fare un excursus mi piace pensare che il primo processo di cyberspazio è stato introdotto da Cartesio, con gli spazi cartesiani; negli anni ’90 il primo progetto di metaverso è stato l’invenzione del linguaggio di programmazione per creare metaversi, cioè spazi online. Il metaverso è un progetto in continuo divenire e deve trovare un punto di unione per l’interoperabilità. Noi artisti costruiamo mondi ed esperienze virtuali usando diverse piattaforme, quindi bisognerà migliorare il processo di fruizione dell’utente.
BRAINSTORMING
Angelo Sidori, responsabile Comunicazione Institut Français Italia. Siamo estremamente attenti all’evoluzione tecnologica sul lato della promozione culturale, di quella artistica, ma anche di quella educativa e della ricerca scientifica. Ci sono sicuramente delle prospettive per costruire progetti futuri.
Annalisa Falcone, funzionario archeologa, Istituto Centrale per l’Archeologia. Per il campo archeologico questa nuova realtà è significativa; ci affascina ma allo stesso tempo ci fa paura. Il rischio è principalmente legato a una visualizzazione molto fantasiosa della storia, a una sua rilettura non rispondente alla realtà. Dobbiamo usare queste tecnologie senza però indulgere a ricostruzioni semplicistiche.
Valeria Acconcia, funzionario archeologa, Istituto Centrale per l’Archeologia. Al Ministero della Cultura sono stati avviati vari progetti di metaverso, uno fra tutti quello del Parco dell’Appia Antica che è stato presentato recentemente. Queste nuove tecnologiche sono utili per valorizzare e aumentare il potenziale di fruizione dei beni culturali e delle aree archeologiche; non solo, bisognerà ragionare per trovare un utilizzo di metaverso per altri ambiti di intervento, per esempio la stessa tutela dei beni culturali.
Francesca Sereno, assistente del Commissario straordinario del Teatro di Roma. È importante fare eventi come questi per raccogliere spunti, anche e soprattutto nell’ambito dell’educazione e della formazione. Io mi sono occupata di videogiochi e mi rendo conto del potenziale che questi hanno, soprattutto dal punto di vista formativo.
Mariagrazia Pontorno, artista, docente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze. Ogni artista è già un metaverso. Il metaverso è in sé un modo per visualizzare un universo interiore. Ci sono applicazioni diverse dall’ambito artistico che richiedono un altro tipo di rigore (penso ai beni culturali e alla medicina), ma credo comunque che questa nuova tecnologia sia una evoluzione naturale del percorso umano. La differenza tra natura e artificio è un’etichetta che lascia il tempo che trova. Concludo sperando che vengano fuori dei metaversi tanti quanti sono le idee di ognuno e ognuna di noi.
Chiara Passa, artista visiva. Per creare nuovi modi di fruizione, credo si debba portare l’arte in luoghi inesplorati. Per questo noi l’abbiamo portata nel metaverso. Dà un quid in più poiché si può stabilire una dimensione intimistica dell’opera d’arte. Vivere questa dimensione permette di penetrare l’opera d’arte fino al punto d’origine, vuol dire far entrare lo spettatore nel frame che ha dato origine all’intera struttura. Ci sono tantissimi esiti stimolanti sul tema.
Andrea Fiorito, sound designer. Assisto a una grande performatività formale, ma il discorso artistico si conclude lì, la forma diventa tutto e si trasforma in sostanza. Spesso noto la totale assenza di sentimento. Penso che al momento l’artista si ritrovi schiacciato dalla circostanza tecnologica e questo in un certo senso soffoca un bisogno intrinseco nell’arte che trascende la formalità. Si rischia di rimanere derivati della tecnologia e non, al contrario, di aprire nuovi orizzonti per l’artista. È comunque ancora una tecnologia agli esordi, ma spero che questo gap sia superato molto presto.
Filippo Riniolo, artista visivo e consigliere Municipio V di Roma. Non credo che l’arte passata sia superata, credo che gli artisti, nel confrontarsi con tutte le tecnologie della storia, si siano confrontati non tanto solo con la grammatica ma col senso e con le conseguenze filosofiche di senso che l’accesso alla tecnologia dava all’umanità. Il fardello è capire quindi questo stesso senso, cioè il perché, non il come. Dove vogliamo andare è una domanda su cui occorre dialogare. È chiaro che la tecnologia ha un fascino ontologico e non arriviamo comunque mai privi di grammatica: ci arriviamo con un corpus di simboli e significati.
Alessandro Cracolici, new media artist e docente alla NABA. Penso che attualmente ci basiamo su linguaggi già esistenti, poiché il linguaggio è ancora chiaro e resiste. Le cose non sono piatte, le stiamo vivendo, tutto ciò che ci fa sentire vivi è stupendo.
Giulia Ghia, assessora alle Politiche culturali, Municipio I di Roma. Con il metaverso bisognerà necessariamente fare i conti; è una realtà che deve aiutare a comprendere il senso. Metaverso è strumento che può aiutare tantissimo una città come Roma, a conoscerne i suoi sette strati. Vedo tuttavia dei limiti: il primo che mi viene in mente è che è un mondo altro per vedenti. Mi aspetterei una maggiore inclusività affinché queste realtà immersiva possano essere sviluppate attraverso tutti i sensi.
Gianluca Masciangelo, Managing Director di Nextlevel Media. Tutto quello di cui abbiamo parlato oggi lo trovo uno spunto per una nuova sensibilità e per rinnovarci. Metaverso è una porta d’accesso a un nuovo mondo che stiamo costruendo e ci potrà insegnare ad aprirci verso le possibilità che abbiamo già nella nostra mente.