Roma, 20 giugno 2013
Cari Amici e Amiche,
mi rincresce non poter essere con Voi, ma impegni istituzionali improrogabili me lo impediscono.
I media ci riportano spesso episodi di razzismo avvenuti durante un incontro sportivo o ai danni di calciatori per la sola ragione del colore della pelle o delle origini.
Ma lo sport può e deve avere una vocazione contraria: esso insegna il rispetto delle regole e dell'avversario; permette di dimostrare il proprio valore guadagnato con l'impegno di un serio allenamento e non per il semplice appartenere ad un gruppo che si considera superiore a prescindere; crea un senso di squadra, gioco e amicizia, senza considerazione delle differenze di ciascun giocatore. Il trofeo dell'integrazione è dunque un bel modo di praticare lo sport che unisce.
Il tema dei rifugiati poi mi sta particolarmente a cuore ed è urgente sollevare un dibattito pubblico a riguardo.
Coloro che fuggono da guerre, dittature e persecuzioni, quando trovano salvezza in Italia, si trovano non di rado a sperimentare nuove difficoltà e peripezie: i richiedenti asilo vivono in una condizione di limbo spesso troppo prolungata; i profughi conoscono sovente l'isolamento e l'invisibilità, la delusione di un sogno di riscatto infranto.
La giornata del rifugiato 2013, intitolata significativamente "Io ci sono", è un modo per i migrati forzati di rendersi visibili, di affermare la propria presenza e volontà di interagire positivamente nella società italiana.
Il coinvolgimento delle scuole è un'importante occasione per far mettere in contatto i giovani con il mondo e con i suoi abitanti, far conoscere i drammi e le loro sete di libertà e giustizia, significa dare battaglia alla paura, all'intolleranza, imparanzo a sentirsi insieme cittadini italiani e cittadini del mondo.
Vi auguro una giornata lieta, di scoperta e riflessione.
Cécile Kyenge
Leggi il messaggio