La docente Francesca Beltrami racconta il valore formativo del progetto su salute, ricerca e scienza
La professoressa Francesca Beltrami insegna filosofia e scienze umane all’Istituto Maria Immacolata di Gorgonzola (Milano) scuola paritaria che accoglie alunni dai 24 mesi di vita fino ai 18 anni (con il ciclo conclusivo del Liceo delle Scienze applicate e del Liceo delle Scienze umane). La docente è anche coordinatrice vicaria della primaria e dal 2000 come referente per l’orientamento si occupa dei percorsi di orientamento e in azienda (oggi Pcto). È proprio per questo che ha seguito gli alunni della quarta superiore che hanno partecipato per due edizioni a Fattore J, scegliendolo come progetto insieme al suo collega Luigi Ronciglia. La docente è stata tutor di Greta Onnis, che con due compagne di classe ha firmato “Pillole di consapevolezza”. Il progetto è stato premiato nel 2023 “per aver meglio rappresentato la sensibilizzazione sul tema dell’oncologia e l’esperienza di paziente e caregiver nell’affrontare la malattia”.
Il primo commento a caldo della docente rivela un grande entusiasmo per l’iniziativa realizzata con Johnson & Johnson Innovative Medicine: “Sono rimasta molto colpita perché in tutti gli eventi di Fattore J ho potuto vedere, negli anni, la qualità della comunicazione, la cura dai professionisti che si occupano di informare, comunicare, dare visibilità agli eventi. Anche questa è una testimonianza agli occhi degli studenti che partecipano al progetto, un modo unico di parlare ai giovani”.
Avete partecipato a due edizioni del progetto. Quali motivazioni vi hanno spinto ad accogliere la proposta?
Fattore J è un progetto esigente e impegnativo, siamo orgogliosi di presentare agli studenti dei percorsi di questo genere, dove nulla è lasciato al caso. Un’iniziativa come questa aderisce perfettamente alle linee guida dei PCTO stabilite dal Ministero dell’Istruzione: lo studente è coinvolto a livello olistico, cioè completo, in quanto persona unica con la sua energia e i suoi interessi. Il progetto propone prima una formazione su un tema specifico, poi l’incontro con le associazioni di pazienti e di familiari, senza tralasciare i contatti con gli esperti in ambito salute, salute, con la possibilità di produrre un elaborato finale. Si tratta di un’esperienza immersiva del singolo ma anche di un lavoro di gruppo. La progettualità del percorso, il monitoraggio continuo, la visibilità finale per i lavori presentati sono stati alcuni fra gli elementi più interessanti. Mettersi alla prova nell’elaborare un contenuto di comunicazione, nel caso dell’edizione 2022-2023 una campagna social, è stato importante. I ragazzi hanno capito che il loro era considerato un progetto serio, pubblicato su piattaforme esterne e con una propria visibilità. Per noi sono state significative anche le fasi finali delle premiazioni, incontri in presenza in cui abbiamo visto al lavoro professionalità diverse, dal fotografo al giornalista, fino all’operatore video, con strumentazioni importanti e tempi ben calcolati. I resoconti che poi abbiamo letto sui canali della Fondazione Mondo Digitale ci hanno mostrato come si comunica oggi in maniera efficace, e questo ha avuto anche un ruolo di orientamento dei ragazzi per il loro futuro.
Nell’edizione 2023 di Fattore J si è parlato molto di come la malattia non debba definire le persone e ne è scaturito il progetto “Pillole di consapevolezza”, selezionato dalla giuria per la categoria “video”. Ci racconta com’è nata questa idea tra Greta e i compagni, e quanto sia importante il racconto personale su temi così delicati?
Io sono stata docente tutor di Greta Onnis dal terzo anno della scuola secondaria di II grado. In quarta, quando è arrivata la proposta di Fattore J, io e il collega Luigi Ronciglia abbiamo subito colto la chance. Abbiamo capito che ci veniva offerta non solo la possibilità di studiare la malattia ma anche di raccontarne gli effetti a livello psicologico, per il paziente e per i familiari. E proprio per questo abbiamo dedicato ore extra rispetto a quanto previsto nella didattica. In questa occasione, Greta ha deciso di aprirsi e parlare della sua storia clinica, con un grande atto di fiducia. Era la prima volta che raccontava alla sua classe questa parte di sé e abbiamo deciso di organizzare una lezione al venerdì mattina, senza prima avvertire i compagni. Siamo rimasti tutti estremamente colpiti dal racconto e soprattutto dalla generosità con la quale Greta si è esposta. Abbiamo assistito a una crescita da parte di questa ragazza nell’affrontare la malattia pubblicamente, con una presa di coscienza importante. È stata lei l’elemento propulsore della classe, ha motivato tutti con la sua forza e con la sua personalità. A chiusura di questa esperienza, Greta ha pubblicato un libro che racconta anche della partecipazione a Fattore J.
Fattore J ha avuto un’evoluzione nel tempo. In passato si è focalizzato sulla prevenzione e sulla consapevolezza relativa ad alcune patologie. Quest’anno, lo avete visto nell’appuntamento dedicato al viaggio del farmaco a Milano, c’è molta attenzione al lato innovazione. I ragazzi hanno avuto la possibilità di capire meglio i processi produttivi nell’ambito della salute. Come hanno reagito?
Innanzitutto aver partecipato a due eventi in presenza è una bella novità rispetto al passato. Siamo stati coinvolti l’11 dicembre nella presentazione di Fattore J all’Istituto Nazionale dei Tumori a Milano e il 3 febbraio per l’incontro sul viaggio del farmaco nella sede J&J. Per generare interesse, ritengo importante che occorra preparare e motivare gli studenti già in una fase preliminare. Per esempio il 3 febbraio è venuta con me la docente di scienze naturali che ha lavorato anche nel mondo farmaceutico. I nostri studenti erano consapevoli di tutto. Un evento denso e a ritmo serrato, senza sbavature, con approccio interdisciplinare: mostrare ai ragazzi come si arriva dal vetrino alla sperimentazione, fino al lancio finale del farmaco vuol dire presentare professionalità diverse: il chimico, il medico, il legale. Abbiamo potuto apprezzare anche la proposta di J&J sull’uso dell’IA che non sostituisce il medico, ma facilita le diagnosi. Un ultimo aspetto: la presenza di professioniste donne è stato un messaggio forte per le ragazze. Mi riferisco alle donne impegnate nelle associazioni di pazienti, alle ricercatrici, alle oncologhe...
Per lei che è molto vicina al mondo dei ragazzi, progetti come Fattore J possono rilanciare un ruolo più attivo e partecipe nella società per i nostri giovani?
In queste occasioni, i ragazzi hanno la possibilità di capire che la scienza non solo guarisce le persone ma assicura lo sviluppo del pensiero critico, consentendo di imparare dagli errori (trial and error) e, quindi, assicura la possibilità di una società democratica. È l’esatto contrario degli atteggiamenti frutto dello scetticismo e dell’ignoranza. Fattore J dà l’occasione di capire cosa deve fare la scienza per la vita delle persone. Un valore pedagogico importante.
Intrevista a cura di Onelia Onorati, ufficio stampa della Fondazione Mondo Digitale