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Una stanza tutta per loro

Adolescenti e social: uno spazio di relazione lontano dagli stereotipi

Una stanza tutta per loro

Una stanza tutta per loro

Adolescenti e social: uno spazio di relazione lontano dagli stereotipi
Il punto di vista di Nicoletta Vulpetti

Quando si parla di social media, l’immagine che spesso ci viene restituita è quella di un luogo caotico, sovraffollato e privo di confini. Ma per le nuove generazioni, quelle che li utilizzano con più disinvoltura di chiunque altro, i social non sono affatto così. Al contrario, sembrano aver imparato a tracciare linee di demarcazione nette tra pubblico e privato, tra ciò che può essere condiviso e ciò che deve restare in uno spazio protetto.

Il 22 gennaio scorso, all’evento di lancio della quinta edizione di Job Digital Lab hanno partecipato 60 studenti di tre scuole superiori. Come non approfittare della presenza di così tanti ragazzi per sentire direttamente da loro quale rapporto hanno con le piattaforme social? 
Ovviamente è stata una veloce ricognizione che non ha la pretesa di essere uno studio statistico, ma quello che è emerso è un comune sentire che va verso un approccio consapevole, quasi strategico, che spesso manca agli adulti.

Mi chiamo Francesco, ho 18 anni e studio sistemi informativi aziendali, all’ITCS Schiaparelli Gramsci. Ho Instagram e uso regolarmente TikTok, in cui non ho un mio profilo, ma lo utilizzo per vedere contenuti. Su IG ho un profilo pubblico e uno privato
In quello pubblico posto foto ‘belle’ di posti in cui vado, ma lo faccio raramente. Il profilo privato, invece, è riservato alla cerchia più stretta degli amici, dove mi sento libero e tranquillo di condividere foto e contenuti più ‘scemi’. È la nostra stanza privata, una stanza tutta nostra, dove gli ingressi sono controllati". 
Questa distinzione tra pubblico e privato è un tema ricorrente. A emergere non è solo una maggiore attenzione alla privacy, ma anche la consapevolezza di come le proprie scelte online influenzino la percezione degli altri.

Io mi chiamo Sergio. Anche io ho un profilo privato e uno pubblico. Il profilo pubblico è come una sorta di copertina: noi ragazzi li usiamo per capire le persone che abbiamo appena conosciuto, cerchiamo di capire chi sei. È per questo che facciamo attenzione a quello che postiamo: non vogliamo essere fraintesi e giudicati in modo superficiale. 
Quando conosci una ragazza in discoteca, ti scambi il profilo Instagram: in questo caso le dai il profilo pubblico proprio per farti conoscere un po’ di più, e lei fa altrettanto.”

L’idea di un “diario segreto” o di una “camera segreta” torna spesso nelle loro parole. Il privato, per questi ragazzi, è uno spazio protetto, quasi intimo, condiviso solo con chi lo merita.

Mi chiamo Rebecca e ho 17 anni. Anche io ho un profilo pubblico e privato. Non do in pasto a tutti chi sono io, mi tutelo, sono attenta. Le stories sono perfette per condividere un contenuto senza lasciare traccia. Tra ragazze poi ci aiutiamo a vicenda: facciamo un controllo incrociato di chi ci chiede l’amicizia. Stiamo attente: lo sappiamo che in rete tutto è pubblico e quindi facciamo attenzione a non pubblicare quello che non vogliamo sia sottoposto al giudizio di tutti.”

È chiaro che questi ragazzi, pur essendo cresciuti con i social, non si lasciano trasportare senza filtri. Al contrario, li utilizzano come strumenti, calibrando con attenzione ogni post e ogni contenuto. Non è un uso passivo, ma attivo, consapevole, ponderato.

Io mi chiamo Alessandro e sì, noi siamo molto consapevoli nell’utilizzare i social. Per esempio, preferiamo le stories ai post, perché le stories durano un giorno e basta, mentre i post durano per sempre e poi possono essere utilizzati per rubare informazioni su di te.”

La scelta delle stories, che scompaiono in 24 ore, non è casuale: rappresenta un modo per esserci senza rimanere. Per condividere senza il peso della permanenza. 
Parlando con i ragazzi, la sensazione è che il loro rapporto con i social non sia così scontato come a volte si tende a credere. Hanno trovato un equilibrio tra il mostrarsi e il proteggersi, tra l’essere visibili e mantenere uno spazio per sé.

E quel “profilo privato”, quella “stanza tutta per noi”, è un luogo di libertà che si sono conquistati con consapevolezza. Non uno spazio di isolamento, ma un ambiente in cui sentirsi sicuri, leggeri, autentici. In fondo, non è proprio questa la funzione più autentica dei social media? Non essere una vetrina, ma un ponte per costruire relazioni che abbiano un senso, al di là dello schermo.

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