Nicoletta Vulpetti: con Viam possiamo "fare zattera" per approdare in luoghi sicuri
“Sono un essere umano in cerca di connessioni, il lavoro che faccio risponde al bisogno profondo di cercare un contatto con gli altri. Mio padre lavorava in una casa editrice quindi sono cresciuta fra le parole, ma se lui avesse avuto un’attività a contatto con il pubblico probabilmente avrei approfittato di quella per parlare con tutti i clienti. È il motivo che mi spinge a uscire la mattina, voglio ascoltare le storie delle persone. Pertanto io restituisco parole alle persone che si aprono con me, le aiuto a mettere a fuoco la loro storia”. Si descrive così Nicoletta Vulpetti, storyteller per vocazione che collabora da lungo tempo con la Fondazione Mondo Digitale ed è tra le formatrici storiche di Vivi Internet, al meglio (Viam).
“Dopo la laurea in scienze della comunicazione ho lavorato per un’agenzia di internazionale di pubbliche relazioni dove ho imparato tantissimo in termini di aziende e gruppi imprenditoriali, con uno staff collaborativo ed entusiasta. Poi, nel 2018, a 47 anni, ho deciso di cambiare carriera e lavorare con tempi diversi perché penso che per raccontare le realtà bisogna avere ritmi più lenti. Da lì ho intrapreso un corso per insegnare l’italiano agli stranieri e ho iniziato a fare esperienze con i nuovi media. Tanti mi hanno contattato per esperienze lavorative diverse, generative”.
L’approccio con i social è stato innanzitutto “personale”: “ho sempre vissuto per cercare le connessioni, usando la scrittura come mezzo di espressione. Ho valutato con attenzione i contatti da accettare, scegliendo di aderire a richieste da persone a me affini, che già frequentavo nella realtà fisica. Nel tempo, con questa strategia, ho addomesticato il mio algoritmo, selezionando attentamente i miei like e i miei commenti. Accolgo le persone che mi restituiscono indietro un valore. È l’approccio che scelgo anche per il mio lavoro. Accetto solo gli incarichi che mi consentono questo modus operandi per la narrazione digitale che faccio. Uso le parole in maniera rispettosa, non finta. Devo credere io per prima a ciò che racconto”. Spiega Nicoletta a Onelia Onorati, che ha curato l’intervista.
La collaborazione per il progetto Vivi Internet, al meglio è cominciata proprio con il lockdown, in tempo di pandemia. “L’obiettivo del progetto, vivere consapevolmente il digitale, aderisce perfettamente con il mio modo di intendere il lavoro. Una delle sue componenti più importanti, dal mio punto di vista, è che chiede alle persone di guardare al digitale non come un porto franco senza conseguenze, ma come una dimensione dove raccontarsi e trovare connessioni significative. Mi piace pensare a uno strumento di espressione di sé gratificante. Inoltre dobbiamo pensare che noi ormai siamo ibridi, viviamo una doppia dimensione per la quale occorre un’educazione civica estesa. In un mondo di bit bisogna essere ancora più attenti e rispettosi delle regole!
Nicoletta si sente molto coinvolta non solo a livello professionale ma anche personale: “Per crescere un bambino ci vuole un villaggio, come madre di figlie adolescenti ritengo che non ce l’avrei fatta se non avessi condiviso la genitorialità con altri adulti. I genitori di oggi devono gestire il loro ruolo in una doppia dimensione e non possono abdicare alla loro funzione di guida”, racconta e prosegue con un episodio personale. “Faccio un esempio, alle medie la mia prima figlia andò in gita all’estero e fu l’unica della sua classe. Mi sono affidata agli insegnanti per guidarla e accompagnarla. La cosa ha destato stupore negli altri genitori, che non si sono fidati a mandare i figli in gita all’estero con la scuola in così giovane età. Questa premura invece non è stata manifestata per TikTok, dimensione non controllabile e sconosciuta per un genitore. Credo che non si possa lasciare soli ragazzi così giovani su TikTok! Essere genitori vuol dire non abdicare mai alle proprie responsabilità, ma saper accompagnare i giovani nel mondo che abitano! Viam può essere quell’adulto di quel villaggio di cui c’è bisogno".
Ma come fare per contrastare le derive dei social, come i fenomeni di adescamento sempre più precoci o il cyberbullismo? “Occorre lavorare in positivo: quando si fa comprendere al nostro pubblico quello che di buono c’è nei social, ecco che la parte negativa va in secondo piano. Se ci prendiamo cura del nostro ambiente questi rischi si riducono. Il digitale è un ambiente per curare i rapporti umani e non per distruggerli. Però ci sono delle età per affrontare le esperienze: i preadolescenti non devono entrare sui social con il favore dei genitori! Così come non è legale affidare un ruolo nella cittadinanza prima dei 18 anni, occorre monitorare l’azione nel digitale. Viam sostiene i genitori a dire quei no che li tutelano e che sono necessari alla crescita”.
Con il passare degli anni si è sviluppato anche il contributo di Nicoletta al progetto: “Iniziando nel 2020, possi dire di aver contribuito alla definizione dei contenuti, dalla comunicazione gentile all’uso del digitale con buonsenso, fino alle regole per una navigazione sicura. Nell’ultimo anno e mezzo mi sono concentrata di più sullo storytelling, per stimolare la capacità di saper raccontare sé stessi e la realtà in maniera adeguata. Un esempio: insegnare a un ragazzo non a mostrare sé stesso in video sui social ma a girare la telecamera per far vedere le cose dal suo punto di vista”.
“Adoro andare nelle scuole, quindi stare in presenza. Succedono delle cose meravigliose”, prosegue Nicoletta. “In una scuola media avevo chiesto ai ragazzi di raccontarsi attraverso un oggetto: tutti hanno avuto voglia di farlo, senza tirarsi indietro. Una ragazza, in particolare, scrisse la sua storia su un foglio protocollo. Mi raccontò dei suoi attacchi di panico e io ne parlai alla sua insegnante. Fu un modo per sollevare il problema. Dovremmo imparare dalle formiche, che sotto la pioggia costruiscono le zattere con le zampine unendosi le une alle altre. Viam insegna questo, a tendere la zampa all’altro per salvarsi tutti fino a un approdo sicuro”.