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Come gestire il profilo LinkedIn

Luca Altimani

Come gestire il profilo LinkedIn

Come gestire il profilo LinkedIn

Intervista al content creator e copywriter Luca Altimani

Abbiamo intervistato Luca Altimani, protagonista il prossimo 26 gennaio, alle ore 17, del programma LinkedIn. Le competenze per ripartire, il percorso gratuito dedicato a chi vuole entrare nel mondo del lavoro oppure vuole riposizionarsi in base alle caratteristiche del proprio profilo.

Il nome di Luca Altimani è spesso associato alla pagina Facebook Commenti Memorabili, ma grazie al suo stile comunicativo originale e dissacratorio in realtà ha già lasciato la sua impronta creativa in tante realtà molto diverse l’una dall’altra: da Confindustria, a Credem, Learnn, Legolize, Marco Montemagno, Alta Cucina. Il suo lavoro sui social gli è valso diversi riconoscimenti tra cui il Macchianera Internet Award.



La creatività è la cifra distintiva della tua professione, ma per una comunicazione di successo quanto giocano la conoscenza dei social e la preparazione?

Credo sia utile avere una buona dose di talento inteso come predisposizione lessicale: più parole abbiamo a nostra disposizione, più possiamo personalizzare i messaggi che vogliamo mandare. A questa capacità si unisce tuttavia una grande conoscenza della piattaforma: più capisci come funziona il social e con quali format, prima arrivi alla tua destinazione “virtuale”. Magari l’idea che proponi può essere non del tutto nuova né geniale, ma capire la piattaforma significa conoscerne le regole. Quindi, sapere anche quando non conviene rispettarle. Nel caso specifico di LinkedIn entra in campo la conoscenza del settore di appartenenza, una proposta vincente potrebbe essere quella di pensare a una comunicazione verticale, molto specializzata, ma giocata in modo creativo. Offrire nuovi punti di vista agli utenti che ti leggono, ma con uno sforzo creativo dietro.

Partiamo dalla mia esperienza: dopo aver iniziato facendomi notare per la mia creatività nella scrittura, ho beneficiato molto di una sorta di contaminazione di strumenti e linguaggi. Immagina ogni social come un paese. Appena arrivi in nuovo paese sei confuso e non riesci a comunicare al meglio, ma vivendoci attivamente, dopo tre mesi inizi a parlare la lingua locale. Dopo diverso tempo sei così integrato che ti sembra di aver sempre vissuto lì.

Quali sono gli ingredienti fondamentali per una realtà imprenditoriale completamente basata sui social, come nel tuo caso di professionista della comunicazione on line?

Le realtà legate ai social spesso non partono con un’idea di business ben definita ma nascono piuttosto come una community che incarna interessi e valori di riferimento condivisi. I numeri veri e propri che trasformano una community in un caso di successo - e quindi in una realtà di business – poggiano sul consenso del pubblico. La base di questo business è costituita dalla massa critica di persone fidelizzate, cioè che rispondono positivamente alle call to action, grazie alle quali il messaggio si traduce in una conversione in azioni vere e proprie. Spesso tale conversione si realizza a partire dalla pubblicità o dall’influential marketing.

Tu come gestisci il tuo profilo su Linkedin per la tua professione?

Io sono un content creator e un copywriter, dunque il mio profilo LinkedIn mostra quello che sono invece di quello che faccio: le aziende mi contattano per il mio stile di comunicazione, per dare un tocco più fresco a determinati messaggi. In questo senso non collaboro solamente con realtà e personaggi innovativi, come il fondatore di Legolize Mattia Marangon, ma anche con realtà che hanno un profilo molto istituzionale come Confindustria. Un’altra parte del mio lavoro riguarda la formazione, un’altra ancora il mio ruolo di influencer. In altri casi vengo contattato come speaker in eventi. Non mi propongo alle aziende ma vengo notato anche in base ai messaggi che veicolo.

In effetti che si tratti di un’azienda tradizionale o di una realtà innovativa, tutti noi vogliamo essere notati dalle realtà che ci interessano. Quali sono, allora, le azioni fondamentali per farsi vedere?

Ho notato che alcune strategie sono più premianti di altre.

  • Rimanere se stessi, non giocare un ruolo ma orientare il profilo LinkedIn in modo armonioso con la personalità dell’utente. A corollario di questo principio, meglio scegliere come target aziende che siano convergenti con i propri valori. Ecco il senso del personal branding: attrarre invece che rincorrere, concentrare le energie su di se’ invece che sull’esterno.
  • Un’altra “dritta” è cercare di essere freschi, creativi, non seguire sempre gli altri, tracciare una linea di riferimento.
  • Arricchire di contenuti il profilo sin dalla fase iniziale, non lasciare aree mezze vuote, utilizzare un lessico ricco, esplicativo. Pensiamo di dover rispondere sempre alla domanda “perché devi scegliere me e non un altro”.
  • Quando si arriva a proporsi a un’azienda, inoltre, meglio studiarla bene e articolare una candidatura in linea con quella specifica realtà, evitare di inviare i curricula “in serie”.

Ci sono degli errori assolutamente da evitare, modalità e parole che non vanno condivise? Quali sono, insomma, gli errori dai quali guardarsi?

All’inizio del mio percorso, lo confesso, ho iniziato a condividere un’immagine un po’ falsata della mia personalità, troppo seriosa, poco centrata. E invece non bisogna comunicare ciò che non si è. Evitiamo di “auto idealizzarci”, di creare dei sé paralleli. È il solo modo per avere successo, perché le identità false vengono smascherate. Un altro consiglio è evitare di trasmettere un’idea di disperazione e autocompatimento. Mai mostrarsi troppo bisognosi di lavorare perché questo atteggiamento rischia di generare senso di inferiorità e di portare a una sorta di svalutazione. La professionalità, il potere di “essere chi siamo” non vanno “dati via”.

Intervista a cura di Onelia Onorati.

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