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Una comunità di pratiche

I docenti della scuola del noi

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I docenti della scuola del noi: la visione di Nadia Gatto, tra modelli e prassi

Oggi conosciamo la docente, formatrice e ricercatrice Nadia Gatto e approfondiamo il tema dell'educazione per gli adulti e lungo tutto l'arco della vita. Lo facciamo, come di consueto, condividendo un breve video di auto presentazione e poi l'intervista curata dalla ricercatrice Ilaria Gaudiello. Siamo così giunti all'undicesimo appuntamento con i Docenti della scuola del noi.

Nadia Gatto, docente di inglese presso i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti e PhD in Linguistica e Didattica dell’Italiano per stranieri con una tesi sui Learning Object e i modelli operativi per l’e-learning. Ha una consolidata esperienza come Instructional Designer, in particolare di percorsi per l’apprendimento della lingua italiana. Formatrice di formatori, docente e tutor in diversi master in didattica dell’italiano e in e-learning.

 

 

L'INTERVISTA

Nadia, sei approdata alla docenza dopo un approfondito percorso di ricerca sulla didattica dell’italiano e sull’e-learning.  In che modo riesci oggi a coniugare i modelli e la prassi, e quali sono per te i principali ambiti di sviluppo su cui investire nel contesto dell’istruzione per adulti?

Ho intrapreso i miei percorsi di ricerca perché volevo comprendere meglio ciò che stavo imparando sul campo. Ho avuto la fortuna di cominciare a insegnare italiano in una scuola di lingue in cui la formazione degli insegnanti era un elemento importantissimo. E in quel contesto la formazione era anche sperimentazione, confronto, curiosità. Da allora per me insegnare è sempre stato sinonimo di ricercare: ricercare sul campo senza trascurare la ricerca teorica che dà coerenza, sostegno e consapevolezza a ciò che si fa nella pratica. Così quando mi sono avvicinata all’e-learning e mi sono ritrovata poco dopo a lavorare come Instructional Designer, non ho potuto fare a meno di tornare agli studi per specializzarmi nel digitale e coniugarlo con la mia formazione precedente.

Oggi al CPIA torno a confrontarmi con la pratica didattica applicata, questa volta, in un contesto di adulti italiani e stranieri con competenze iniziali. Un nuovo pezzetto di sperimentazione e ricerca in un ambito relativamente nuovo e poco esplorato nell’orizzonte degli studi sulle metodologie didattiche. In questo senso il docente ricercatore ha tantissimo lavoro da fare! L’istruzione degli adulti in Italia prevede che i percorsi possano essere ritagliati su misura delle esigenze degli studenti, ma per arrivare a questo obiettivo c’è ancora molta strada da fare e se dovessi individuare gli ambiti in cui investire maggiormente allo stato attuale me ne vengono in mente almeno tre: il primo è quello dell’accoglienza, cioè il percorso preliminare che gli studenti svolgono nei Cpia e che consente ai docenti di conoscere gli studenti, accertare le loro competenze pregresse e sulla base di quelle costruire i percorsi di apprendimento; il secondo è quello dell’orientamento, realizzato attraverso una didattica orientativa che aiuti gli studenti a diventare consapevoli delle proprie potenzialità, attitudini, competenze per poter fare scelte ponderate per i loro futuri percorsi di vita; e last but not least le competenze digitali intese nel senso più ampio possibile, in quanto per i nostri studenti l’accesso alle tecnologie è una risorsa trasversale a tutti i percorsi, oltre a essere una chiave per diventare persone competenti, cittadini consapevoli, lavoratori capaci.

Quest’anno hai aderito all’iniziativa dei "docenti della scuola del noi" per trovare nuove e vecchie sinergie, promuovendo l’innovazione didattica, tecnologica e civica. Quale è il focus della vostra idea progettuale e come interseca la questione dell’educazione civica?

La genesi della nostra idea non è stata per niente facile. I parametri che ci siamo dati all’inizio erano piuttosto stringenti: limitare l’uso della tecnologia ai soli smartphone che sono spesso l’unico strumento a cui i nostri studenti hanno accesso; garantire l’accesso al percorso anche con competenze digitali iniziali; limitare il più possibile l’uso del testo scritto o parlato in favore di rappresentazioni iconografiche di facile comprensione. Dopo vari confronti e ipotesi, la scelta è caduta su un progetto che include elementi di gamification, funzionali al coinvolgimento attivo e al raggiungimento di obiettivi tangibili, e che tratta argomenti relativi all’Agenda 2030. La scelta dell’Agenda 2030 è per noi strategica almeno per tre aspetti: ci offre grande flessibilità nel focalizzare i contenuti, è disponibile in moltissime lingue e quindi accessibile anche agli studenti più in difficoltà dal punto di vista linguistico, è corredata da infografiche che rappresentano ciascuno degli obiettivi. La stessa infografica in tutte le lingue, una vera manna per chi si occupa di competenze comunicative! Siamo ancora nelle fasi iniziali e c’è molto su cui lavorare. La chiusura a singhiozzo delle scuole non ci ha aiutati, ma presto saremo pronti.

La Scuola del Noi conta oggi centoventi docenti di ogni materia e regione, che lavorano fianco a fianco per una scuola inclusiva e di qualità. Cosa consiglieresti per il futuro di questa iniziativa?

Mi piacerebbe che diventasse una solida comunità di pratiche in cui continuare a trovare stimoli, nuove idee, progetti condivisi. Abbiamo aderito da ogni parte d’Italia perché evidentemente c’è tanta voglia di fare e di confrontarsi. In questa prima fase ognuno di noi ha lavorato con un piccolo gruppo di colleghi innovatori; nel mio caso alcuni li conoscevo, altri no e questo è stato un significativo arricchimento. Relazionarsi con altri docenti che hanno storie, percorsi, visioni diverse è sicuramente uno degli aspetti più stimolanti. Personalmente credo molto nell’incontro e nella connessione tra persone e spero che la Scuola del noi possa realizzare la brillante intuizione di David Weinberger per il quale “The smartest person in the room is the room”.

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