Le Coding Girls della provincia di Manica incontrano “Tata Bra”
Inseguire i propri sogni richiede coraggio, determinazione e capacità di non arrendersi, anche quando il percorso si fa incerto. Ma nessuno ce la fa davvero da solo, a volte serve qualcuno che ci indichi la strada, che ci incoraggi a non mollare, che ci faccia credere che quel sogno è possibile. Non sempre queste persone sono vicine: spesso dobbiamo imparare a cercarle, riconoscerle, o anche solo lasciarci ispirare da una storia, da una testimonianza. Ed è proprio con questo spirito che mercoledì 16 aprile si è tenuto un incontro speciale nell’ambito del programma Coding Girls in Mozambico, rivolto a una classe di venti giovani studentesse della provincia di Manica. Un appuntamento di role modeling ispirazionale, che ha avuto come protagonista una donna straordinaria: Berekti Berehane, meglio conosciuta come “Bra”.
Bra è originaria di Asmara, la capitale dell’Eritrea, città dal fascino unico, nota per la sua architettura modernista, un tempo definita la “Piccola Roma” per l’influenza italiana visibile nei palazzi, nei viali alberati e nei caffè in stile liberty. Oggi Bra ha circa sessant’anni, un’età che lei stessa racconta con incertezza, poiché all’epoca della sua nascita le registrazioni anagrafiche non erano precise, vive a Milano ed è sposata con l’allenatore della squadra di calcio femminile da lei fondata anni fa, squadra di cui è stata capitano fino allo scorso anno e di cui oggi è dirigente. Madre di due figli, Bra è un punto di riferimento per molte ragazze, non solo sul campo da gioco, ma anche e soprattutto, nella vita.
La sua storia di forza e determinazione, raccontata nel libro “Tata Bra” e condivisa durante l’incontro, ha tenuto le ragazze incollate allo schermo con un’attenzione contagiosa. Un racconto così denso di emozioni che si è scelto di suddividerlo in “puntate” durante l’incontro, intervallando i momenti di narrazione con le domande delle studentesse, che con grande curiosità volevano saperne di più.
Bra ha condiviso con loro la sua storia: cresciuta in un contesto difficile, segnato dalla complessità della guerra civile tra Etiopia ed Eritrea, ma anche da una cultura profondamente ricca e orgogliosa, ha raccontato alle studentesse del momento in cui, a quasi diciotto anni, prese in meno di due ore una decisione che le avrebbe cambiato la vita: partire. “Berekti non aveva mai abbandonato il sogno di lasciare l’Eritrea, aveva scritto alla zia in Italia per chiederle se poteva andare da lei e aveva ricevuto una risposta positiva. La cosa si era rivelata irrealizzabile fino a quel momento: non aveva mai pensato di poter scappare a piedi […]”. Lo fece in compagnia di Mangstab, un disertore che si era nascosto in casa loro il giorno prima della partenza e che accettò di intraprendere questo viaggio con Bra solo dietro una significativa ricompensa economica. Partirono da Asmara, di nascosto, in silenzio, verso il Sudan, meta che avrebbe permesso a Bra, dopo un lungo anno e mezzo, di raggiungere l’Italia, dove l’attendeva sua zia. “Trascorsero giorni nel deserto, senza acqua e con poco cibo. Il viaggio sembrava interminabile. La stanchezza e la debolezza si accumulavano, camminavano sempre di notte per evitare il caldo cocente di giorno e i possibili agguati dei soldati etiopi e i beduini, razziatori pericolosi e molto violenti […]”.
Il racconto di Bra ha toccato profondamente le ragazze mozambicane che, dopo essersi presentate una a una, hanno sentito la necessità di ringraziarla e di aprirsi a loro volta, condividendo esperienze personali di difficoltà, perdite, dolore, ma anche di speranza, forza e desiderio di riscatto: come Bra, anche loro inseguono un sogno e, come Bra, hanno dimostrato solo in queste due ore insieme di avere il coraggio di inseguirlo. Questo incontro non è stato solo una testimonianza di coraggio e determinazione, ma anche un momento di connessione profonda tra culture e generazioni, che ha ricordato a tutte noi quanto sia essenziale avere accanto figure che ci mostrino la strada, nel momento del bisogno e, soprattutto, quanto sia potente, quando queste figure non ci sono, imparare a diventare un punto di riferimento per se stesse e per gli altri.
“All’aereoporto di Linate prese l’autobus e dopo circa un’ora di viaggio proseguì a piedi. Berekti riconobbe subito la casa della zia che le aveva descritto così bene nella lettera. Che emozione, dopo tante fatiche, essere arrivata là dove aveva sognato si essere. […].
Finì così una storia e ne cominciò un’altra; tutta un’altra storia da vivere e ancora da raccontare”.
A cura di Elisabetta Gramatica, project officer