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Se una malattia è rara

Se una malattia è rara

Se una malattia è rara

"In Europa una malattia si definisce rara quando colpisce non più di 5 individui ogni 10mila persone. Si conoscono tra le 6mila e le 8mila malattie rare, molto diverse tra loro ma spesso con comuni problemi di ritardo nella diagnosi, mancanza di una cura, carico assistenziale". Oggi ricorre la 15ª Giornata mondiale dedicata alle malattie rare.

 

 

Grazie al progetto Fattore J, promosso con Janssen Italia, abbiamo portato il tema della malattia e della cura al centro del percorso educativo nelle scuole. Tra le 13 associazioni di pazienti che ci affiancano in questa sfida, molte si occupano anche di malattie rare, come l'Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mielomi. Ail promuove e sostiene la ricerca scientifica, assiste i pazienti e le famiglie e sensibilizza l’opinione pubblica alla lotta contro le malattie del sangue.

 

Claudia Lo Castro, psicologa e psicoterapeuta, lavora presso l'Unità operativa di Ematologia I nell'Azienda ospedaliera "Ospedali Riuniti Villa Sofia - Cervello" e collabora con la sezione Ail di Palermo. Claudia crede che il percorso di alfabetizzazione sanitaria (Health literacy) nelle scuole sia fondamentale: "Credo che per i ragazzi aver potuto esperire in prima persona le informazioni scientifiche dei vari specialisti, le storie dei pazienti e i vissuti emotivi di tutti gli attori coinvolti, abbia contribuito ad umanizzare parte del sistema sanitario, che troppo spesso appare freddo e distaccato. La possibilità di ricevere, elaborare e restituire informazioni così preziose, sia la prima parte di una sensibilizzazione che ha l'obiettivo di porre le basi di un percorso personale che ciascuno dei giovani interlocutori potrà far evolvere in azioni concrete di cura di sé e delle persone care".

 

L'intervento educativo e formativo nelle scuole può essere rafforzato orientando gli adolescenti "alla conoscenza di sé, del proprio corpo e della propria mente, riconoscendo punti di forza e fragilità, per attenzionare risorse personali e limiti da non oltrepassare".    

 

"Ciò che mi ha colpito è la sensibilità e la delicatezza che tanti ragazzi hanno mostrato, attraverso la loro disponibilità a mettersi in gioco e partecipare parte delle loro esperienze", racconta ancora Claudia lo Castro. "Fattore J ci ha sicuramente fatto riflettere sull'importanza della comunicazione e sulla nostra capacità di condividere efficacemente la nostra missione".

 

"La malattia è sempre un momento di grande destabilizzazione, che si pensa non debba mai colpirci! Credo che sia una situazione straordinaria, non prevedibile, che mette a nudo se stessi e che faccia prendere contatto con tutte le paure che ogni essere umano possiede, ma a cui spesso non si dà ascolto".

 

"Il lavoro con i pazienti e i familiari è sempre in continua evoluzione, le variabili che intervengono sono sempre tantissime, e ogni relazione è unica e speciale. Più il tempo passa, più accrescono le consapevolezze dei pazienti e più il ruolo del professionista tende ad essere quello di ascoltare e ridefinire contesti adeguati, per la presa in carico globale del paziente".

 

 

Per Claudia Fattore J è "un tuffo nella piacevole incoscienza della giovinezza! un mare di risorse e possibilità".

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