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La sfida della consilience nell'eduverso

Vagone FMD nel metaverso

La sfida della consilience nell'eduverso

La sfida della consilience nell'eduverso

Le università protagoniste del sesto incontro del programma Vagone FMD

Il Metaverso può rappresentare un importante strumento educativo solo se costruito collettivamente con il contributo di docenti, policy maker e stakeholder del mondo della formazione. E può aprire nuove possibilità per l’orientamento universitario, per la ricerca scientifica, per la formazione dei professionisti del futuro in diversi ambiti, dalla sanità all’ingegneria all’architettura. Lo sostiene il paper “The whole new world: education meets the metaverse” (Center for Universal Education del Brookings Institution, febbraio 2022). Il tema è stato al centro del sesto incontro di Vagone FMD. Da 01 a 100 nel Metaverso, che si è svolto mercoledì scorso 14 dicembre presso Binario F. Condividiamo gli spunti emersi nella sintesi di Onelia Onorati.

 

SESSIONE INTRODUTTIVA

Alfonso Molina, direttore scientifico della Fondazione Mondo Digitale. Il metaverso rappresenta oggi un’evoluzione della tecnologia verso un internet 3.0, un nuovo mondo tridimensionale, un’immersione multisensoriale che per l’apprendimento potrebbe rappresentare un impatto straordinario. Si parla di un impatto di circa 5 trilioni di euro per il 2030.

Claudia Trivilino, Public Policy Manager Meta Italia, Malta e Cipro. Meta crede moltissimo in questa nuova tecnologia, stiamo infatti catalizzando tutto l’interesse politico aziendale e istituzionale su di essa: oggi vi si può accedere da moltissimi dispositivi, ma la tendenza è quella di avere quanto prima occhiali del tutto immersivi. È inoltre fondamentale capire quali sono le potenzialità delle tecnologie immersive per educazione, formazione e cultura: le possibilità sono infinite.

Pierpaolo Limone, rettore dell’Università Digitale Pegaso e rettore uscente dell'Università di Foggia,  responsabile CRUI orientamento, formazione, ITS e life-long learning. Elearning e università on line convivono con la didattica tradizionale in presenza creando una università aperta. Se ben usato il metaverso può essere disruptive, cioè cambiare le regole del gioco. Questo ecosistema dell’head tech offrirà soluzioni educative straordinarie per le università.

Manuela Chessa, ricercatrice dell'Università di Genova. Per noi è importante capire quanto i nostri studenti riescano ad apprendere per ricevere una esperienza di arricchimento; anche per questo collaboriamo anche con le facoltà mediche per il training. Ci interessano gli aspetti di personalizzazione dell’insegnamento, adattando le tecnologie alle esigenze degli studenti e dei docenti, oltre al loro coinvolgimento. Per noi è importante la “presenza spaziale” delle persone coinvolte, anche a distanza. I concetti chiave dei quali tenere conto sono involvement, distance learning, training, learning outcome, personalization.

Lorenzo Fortunati, Engineering. Cosa c’è di nuovo, oggi, rispetto ad altre esperienze di realtà aumentata molto avanzate appartenenti al passato? C’è un maggior numero di contesti in cui operare, ci sono ormai tantissime esperienze già avviate. Inoltre oggi, soprattutto grazie alle evoluzioni nel settore dei servizi, gli impieghi di queste nuove tecnologie sono molto estensivi: si pensi alla chirurgia che grazie all’immersività può arrivare ovunque. I nostri principali dubbi sulla tecnologia riguardano:

  • l’accessibilità: in futuro avremo occhiali che non escludono completamente gli ambienti esterni?
  • Dati personali: gli avatar chiaramente non hanno la nostra stessa espressività per la comunicazione delle emozioni, per questo motivo si è pensato al 3D scanning che permetta di riprodurre tali emozioni. Cosa succederà se tutti questi dati, soprattutto quelli relativi alle personalità istituzionali, venissero trafugati?
  • Ingenuità: l’e-learning è troppo spesso usato per comodità e senza cognizione di causa. Viene quindi associato ad esperienze frustranti e negative. Come cambiare questa percezione?

Idea: un metaverso che unisca un’etnia dispersa in tutto il mondo come quelli di Arbëria.

 

BRAINSTORMING

Natalia Battista, Università di Teramo. Usiamo già i visori per alcune attività di orientamento, senza però che questi sostituiscano le attività in presenza.

Massimo Margottini, Università Roma Tre. Da coordinatore del corso di laurea in e-learning e media education, sono molto interessato a queste evoluzioni. Già nel 2004 facemmo il primo corso di laurea interamente in e-learning e nel tempo è rimasto un corso integrato con queste piattaforme. Ritengo quindi che si possa sviluppare un rapporto diretto con l’oggetto della conoscenza, come per esempio il dialogo con i personaggi del passato, previo però un investimento consistente di risorse. Infine, questo nuovo orizzonte formativo ci spinge ad interessarci su quali siano le nuove professionalità, per cui ci piacerebbe consultare tutti gli stakeholders e adeguare, di conseguenza, l’offerta formativa.

Andrea Menini, Università di Padova. Abbiamo 70mila studenti e 200 corsi di laurea, stiamo investendo sull’innovazione della didattica e già molti nostri docenti usano i visori. Tutto questo è interessante, ma soprattutto sfidante. Parlando da docente, la pandemia ha cambiato il nostro modo di insegnare ma occorre formazione sia per studenti che per docenti. Gli studenti stessi spesso sono restii a usare strumenti nuovi, si pensi alle app per le videolezioni.

Simone Mulargia, Lumsa. Non c’è più l’effetto wow di alcune tecnologie nuove ma ci sembra che si possano costruire forme di collaborazione soprattutto nell’ambito dell’orientamento: crediamo si possano usare queste nuove tecnologie raccontando cosa fa l’Università, mentre personalmente sono propenso ad aspettare per accogliere le applicazioni di pura didattica.

Gianmarco Bonavolontà, Università di Cagliari. Ci interessa in particolare l’attenzione alla disabilità e quindi all’inclusione. Proponiamo una progettazione “per tutti”, per costruire un ambiente con altissime potenzialità per l’educazione.

Paola Aiello, Università degli Studi di Salerno. Abbiamo lanciato un progetto interdisciplinare che si muove dalla psicologia alla pedagogia. Come studiosa di pedagogia speciale, per l’inclusive education ritengo che ci sia un lavoro complesso da fare. Ci sono inoltre implicazioni interessanti per la formazione dei docenti e per la sperimentazione.

Pierpaolo Limone conclude. C’è la frustrazione legata a un design limitato dal punto di vista dell’interazione, perché ideato solo da ingegneri. Questo risulta troppo datato per noi docenti di materie legate alla pedagogia perché ha dei limiti legati a visioni didattiche spesso superate. Ci interessa quella nuvola di start up con cui costruire alleanze per co-sviluppare qualcosa di innovativo usando saperi diversi.

 

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