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Giornata del migrante

Giornata del migrante

Giornata del migrante

Dal 2000 ad oggi, il 18 dicembre si celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale del Migrante, evento istituito dalle Nazioni Unite per ricordare l’approvazione nel 1990 della Convenzione Internazionale sulla Protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie.

 

In occasione della Giornata vogliamo condividere con tutti la lettera aperta di Zakaria Mohamed Ali, giornalista e documentarista freelance che vive in Italia come rifugiato politico dal 2008.

 

Abbiamo conosciuto Zak al Centro Enea di Roma. "Sono arrivato in Italia con il barcone e i miei titoli di studio legati e nascosti con il nastro adesivo intono al torace. Non sapevo come ricominciare a vivere, contattare i miei familiari e cercare un lavoro. L’Internet Cafè mi ha aiutato tantissimo" ci raccontava  allora.  Per le sue spiccate capacità comunicative Zak prima ha aiutato la Fondazione Mondo Digitale con il ruolo di facilitatore, poi è diventato docente di informatica presso il Centro di prima accoglienza di Pietralata. Oggi scrive a tutti a noi. Ecco la sua lettera aperta.

 

Mi chiamo Zakaria Mohamed Ali, sono giornalista e documentarista freelance. Vivo in Italia come rifugiato politico dal 2008 e lavoro come mediatore culturale. Per venire in Italia ho attraversato 5 Paesi; il mio viaggio è durato 8 mesi. Non è stata una passeggiata per me, né tantomeno per centinaia e migliaia di persone che sono arrivate come me in Italia e in Europa. Non si tratta neppure di una scelta. È la necessità a farti affrontare il mare. Quando dietro non c’è più nulla puoi andare solo avanti, costi quel che costi. 

La prima volta che ho preso la barca per attraversare il Mediterraneo non è stata semplice, avevo molta paura ma allo stesso tempo ho dovuto rischiare la mia vita perché ero in un punto di non ritorno: non potevo tornare indietro e non potevo restare in Libia.  

Pensate che all’epoca c’era il governo di Gheddafi e la situazione era particolarmente difficile per i rifugiati. Ora che il Governo è instabile e c’è una continua guerra civile in corso potete immaginare come può essere la situazione?  

Non sono qui per dare lezioni di geopolitica ma devo dire una cosa a tutti, compresi quelli che lottano per la difesa dei diritti umani o dei migranti e rifugiati.  

“È doloroso, nessuno può giudicare o comprendere cosa significa scegliere tra una morte certa nel tuo Paese e una morte probabile in mare”.  

Non conosciamo la storia della mamma che ha perso il suo bambino. Moltissime persone in cerca di una vita migliore rimangono intrappolate in Libia. Tantissime donne giovanissime vengono abusate ripetutamente, vengono rinchiuse sotto terra, vengono picchiate e umiliate davanti a tantissime altre persone, uomini e donne.  

Non conosciamo i nomi di tutte le persone morte nel mediterraneo. Come non conosciamo il nome delle persone che perdono la vita e l’anima nei Paesi di transito. Non conosciamo cosa sognavano e quando era l’ultima volta che hanno sentito le loro famiglie. Non conosciamo quali progetti avevano una volta arrivati in Italia. Non conosciamo nulla e ogni storia è complessa e allo stesso tempo è uguale in quanto storia umana.  

In molti quando non possono pagare per continuare il viaggio, rimangono rinchiusi sottoterra nei Paesi di transito, subendo angherie, abusi, violenze di ogni genere. 

Per esperienza personale e per il lavoro che mi porta a incrociare tante altre storie, ho seguito per anni le sofferenze dei “viaggiatori senza scelta”. 

Noi non sappiamo nulla di quella mamma che ha perso il suo bambino di 6 mesi…come non sappiamo nulla di tante altre mamme, di tanti altri bambini, uomini, anziani.  

Conoscendo le storie di chi viene dalla Libia, quella donna potrebbe aver perso il marito durante un viaggio…o potrebbe non averlo mai avuto un marito e non aver mai scelto quella gravidanza. E, comunque, se è salita su quel barcone è solo per necessità e perché dietro di sé ci doveva essere un burrone.  

Con tutto questo voglio solo dire che nessuno può giudicare perché nessuno conosce realmente le storie di quelle persone. 

L’opinione pubblica va aiutata a comprendere questo e a domandarsi “perché in generale tantissime persone donne e uomini, bambini e anziani prendono una barca per venire in Italia rischiando quasi certamente la propria vita?” 

Domandiamoci e chiediamo ai nostri rappresentanti politici, perché nessuna Ambasciata ancora oggi, nel 2020, ha mai aperto le sue porte per le persone bisognose, per fare in modo che possano richiedere asilo in maniera sicura senza rischiare la propria vita.  

Domandiamoci perché oggi, nel 2020, i Paesi dell’Unione Europea non riescono ad aprire un percorso regolare tramite le organizzazioni locali o tramite una piattaforma online dove ricevere le domande di asilo a livello Europeo. 

Domandiamoci perché oggi, nel 2020, tante persone preferiscono immaginare la propria vita in fondo ad un mare che sulla propria terra continuamente a rischio. 

I giornalisti, gli scrittori, gli opinionisti hanno un compito cruciale in questa lotta tra l’umanità e la “disumanità”: creare una narrazione diversa, cercare e raccontare i fatti, dare voce a chi riceve solo offese e giudizi per aver rischiato e messo a rischio la vita dei propri figli. 

Dobbiamo dare ai giovani la possibilità di interrogarsi e di conoscere realmente i fatti, al di là della propaganda, scevri da ogni pregiudizio. Noi come rifugiati politici possiamo dare un contributo ad una discussione fondata sui fatti che ascolti i protagonisti. 

Quanti naufragi abbiamo visto nel Mediteranno cosa è cambiato?  

Concludo lasciando a tutti le parole di Tiziano Terzani: scolpitele nel cuore, leggetele quando è sera, per comprendere finalmente che la vita è molto di più di quello che vediamo in televisione. 

“Il mondo è cambiato. Dobbiamo cambiare anche noi. Innanzitutto non facendo più finta che tutto è come prima, che possiamo continuare a vivere vigliaccamente una vita normale. Con quel che sta succedendo nel mondo la nostra vita non può, non deve essere normale. Di questa normalità dovremmo avere vergogna. Allora io dico: fermiamoci, riflettiamo, prendiamo coscienza. Facciamo ognuno qualcosa… Nessun altro può farlo per noi”. 

Grazie per l’attenzione. 

Zakaria Mohamed Ali

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