Vivi Internet, al meglio: l'esperienza di una mamma
L'Associazione Genitori dell’Appio Claudio (Agac), che dal 2017 riunisce genitori e docenti del quartiere nel quadrante Sud-Est di Roma Capitale, ha aderito al percorso per genitori Vivi Internet, al meglio, da marzo a maggio scorso. Focus degli incontri è l’uso responsabile di internet e della tecnologia. Onelia Onorati ha intervistato la presidente dell’associazione Vanna De Candia.
Com’è nato il progetto di un’associazione genitori di quartiere? Qual è lo spirito con il quale organizzate le vostre iniziative?
L'Associazione è nata ufficialmente nel 2017 nel quartiere dell’Appio Claudio su iniziativa di cinque genitori che intendevano creare una comunità a sostegno della scuola, non sostituendosi ma supportando questa istituzione, valorizzandone le potenzialità a favore del territorio e delle famiglie. Negli anni siamo riusciti a creare un network fra scuola, famiglie e territorio, allargandola anche ad altre associazioni che lavorano con i bambini. In realtà il primo banco di prova risale all’idea, insieme a un’insegnante e un altro genitore, di farmi promotrice di una serie di incontri insieme a pedagogisti conosciuti nel 2016 per rispondere a un’esigenza condivisa di conoscenza e riflessione sul mondo dell’infanzia. Si trattò di tre serate presso il teatro della Chiesa di San Policarpo, nel nostro quartiere, con il servizio di babysitting, a un costo forfettario. Le serate furono molto intense ed ebbero una bella partecipazione di pubblico, da quella esperienza nacque l’idea della rete che è alla base dell’Associazione. Negli anni abbiamo lanciato la scuola genitori, incontri sul cyberbullismo, un corso sulla disostruzione, momenti conviviali con le feste nel cortile della scuola del quartiere, l’IC Parco degli Acquedotti. Insieme ad altre realtà del territorio abbiamo organizzato il book crossing ma anche incontri sulla sessualità insieme a psicologi specializzati in materia. Dopo il lockdown seguito al Covid, abbiamo organizzato eventi all’aperto con corsi di yoga, giocoleria, arti popolari. Molti progetti oggi riguardano la mobilità sostenibile, come le pedalate in gruppo, con bambini e adulti. Devo riconoscere che il Covid ha cambiato un po’ gli equilibri associativi e ci stiamo riorganizzando per ricreare uno scambio faccia a faccia tra genitori, momenti di socializzazione che ci sono tanto mancati.
Qual è la tua storia? Cosa ti ha spinto a impegnarti in una realtà associativa come Agac?
Io ho tre figli di differenti età, due adolescenti e una bambina alla scuola primaria. Abitiamo vicino alla scuola per cui possiamo muoverci con la bici. Dalla mia esperienza personale di genitore fuori sede ho sentito il bisogno di creare una rete di supporto per famiglie ma anche una scuola genitori per una maggiore consapevolezza negli adulti. Poi è diventato sempre più un piacere condividere momenti comuni di incontro e confronto.
Cosa vi ha spinto a condividere un progetto come Vivi Internet, al meglio, aderendo al percorso individuato insieme alla Fondazione Mondo Digitale?
La convinzione che noi genitori in primis dobbiamo avere piena consapevolezza dei pericoli della navigazione, per poi trasmetterla ai nostri figli. Pensiamo ai pericoli connessi alla trasmissione dei dati personali, ad esempio, e a quanto sia importante sensibilizzare ragazze e ragazzi rispetto a questi.
Perché, dal tuo punto di vista, è così importante formare i genitori?
Per una serie di ragioni, tra cui quella di essere consapevoli che c’è il rischio di perdere alcune tappe importanti nello sviluppo psicomotorio dei propri figli. Temo che i bambini possano perdere per strada capacità tipo la manipolazione, abilità che l’eccessivo uso dei dispositivi elettronici può compromettere. L’uso dei dispositivi elettronici mi spaventa, se intenso, anche nell’età scolare della primaria e secondaria. La tecnologia fa parte della nostra vita e occorre dunque imparare a usarla, ma senza lasciarci fagocitare! Poi ci sono tutti i rischi che in generale si annidano nella rete, sui quali dobbiamo essere preparati.
Parlando con i genitori dell’associazione e con gli altri adulti che conosci, hai l’impressione che ci sia un’urgenza di formazione sul digitale?
Sì, c’è tanto bisogno di formazione. Molti non si rendono davvero conto delle proprie lacune in merito. Non sono davvero chiari i rischi per i più piccoli, dal momento che non viene monitorato a sufficienza l’uso che dei dispositivi elettronici fanno i figli. Noto con piacere che un numero crescente di genitori, in controtendenza, ha deciso di non dare cellulari personali ai figli che frequentano le secondarie inferiori. Ma si tratta ancora di eccezioni.
Nell’ambito di Vivi Internet, al meglio avete affrontato temi come fake news e truffe, cyberbullismo e odio online, Ascolto e dialogo tra genitori e figli, Dati personali e privacy. Qual è il modulo che ti ha toccato più da vicino, quello che ritieni più centrale rispetto alle sfide che affronti tutti i giorni con i tuoi figli?
Il primo incontro con la formatrice Nicoletta Vulpetti mi ha colpito molto, abbiamo affrontato in particolare il tema del dialogo tra genitori e figli. Ho apprezzato molto la concretezza, l’esempio tratto dalla vita personale che sperimentiamo con i nostri figli. La gestione del tempo su internet, dei video e delle foto da condividere, i canali whatsapp... tutti argomenti che affrontiamo quotidianamente.
Cosa, di questa formazione, hai portato nel tuo rapporto con i figli (se ciò è avvenuto)?
Io sono molto preoccupata dall’uso che si può fare della rete, tant’è che i miei figli usano il cellulare solo per telefonare. Il percorso Vivi Internet, al meglio invece mi ha dato strumenti per aiutare i miei figli, adolescenti e preadolescenti, a sfruttare la tecnologia senza farsene fagocitare e non mettendosi in pericolo. E per consentire l’accesso dei figli ai social bisogna avere degli strumenti di conoscenza.
Rispetto al tuo uso personale, da adulto, della rete, c’è un concetto o un elemento del percorso che ti è sembrato più interessante?
Sono molto più attenta nella gestione dei dati personali, oggi rifletto meglio quando mi chiedono di lasciare le informazioni, ponendomi il dubbio sull’opportunità di farlo.