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La didattica in una classe virtuale

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La didattica in una classe virtuale

La didattica in una classe virtuale

 

A quali sfide educative deve rispondere la scuola italiana nel 21° secolo?
Quali sono i contenuti di base di un’offerta formativa inclusiva?
Alfonso Molina, direttore scientifico della Fondazione Mondo Digitale e docente di Strategie delle Tecnologie all’Università di Edimburgo, ha rielaborato e sintetizzato in una tabella le competenze e gli “ingredienti formativi” che sono irrinunciabili nell'istruzione del 21º secolo se si vuole realizzare una società della conoscenza inclusiva.

 

Cosa accade se si sono sovrappone questa chiave di lettura all’esperienza didattica di JumPC nella scuola primaria? Diversi aspetti sono stati sottolineati anche nel corso della video conferenza stampa che si è svolta ieri presso la scuola elementare cardinal Massaia, a cominciare dalle conoscenze e competenze ICT.
Intel e Olidata, anche attraverso le testimonianze dei docenti e dei bambini, hanno messo in evidenza soprattutto valori e attitudini didattiche coinvolte nell’esperienza: la curiosità, il divertimento, la gioia di imparare, la partecipazione e disciplina nei compiti, l’apprendimento condiviso…
Tullio De Mauro, invece, ha voluto porre l’accento sulle competenze per la vita, richiamando il senso della peer educational

 

La colonna della conoscenze entra in gioco in modo diverso nelle cinque scuole, a seconda della scelta didattica operata. In particolare, gli istituti del Piemonte e di Palermo hanno lavorato all’apprendimento della lingua italiana, della geografia, della matematica e delle scienze. A Roma, la scuola primaria Cardinal Massaia ha adottato il portatile per l’insegnamento della lingua inglese, sperimentandolo in varie attività (cd-rom interattivi, giochi didattici, test di verifica, ecc.). La primaria Fratelli Cervi, che ha avviato la sperimentazione da poco più di un mese, sta invece testando il portatile su quattro discipline: storia, geografia, italiano e matematica.

 

Dal video realizzato da Intel emergono altri due aspetti: la sperimentazione è stata realizzata con un metodo di lavoro particolare, coinvolgendo, cioè, in sinergia soggetti diversi, dalle istituzioni e al non profit. E poi, c’è l’attenzione anche ai bisogni speciali, testimoniata dalla mamma di un bambino dislessico, che grazie al JumPC ha conseguito risultati impensabili.

 

Allora tutti “A scuola con JumPC”? Quali aspetti vanno rinforzati prima di estendere il progetto su larga scala? L’esperienza può essere considerata un laboratorio di “innovazione sociale”? A queste domande cercherà di rispondere la ricerca che la Fondazione Mondo Digitale sta realizzando con la collaborazione delle scuole romane: Cardinal Massaia e Fratelli Cervi.

 

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